Catastrofe demografica e pensioni: una perversa relazione

Ovvero di come la catastrofe demografica italiana abbia un effetto perverso ma non scontato sulle pensioni, sul lavoro, sui giovani e sull'estinzione del paese. Ma andiamo con ordine ...




Oggi si svolgerà un incontro tra Draghi, l'attuale premier, e le rappresentanze delle tre principali sigle sindacali (CGIL, CISL, UIL) sul tema pensioni. Sul tavolo, il prolungamento dell'età pensionabile, il ricalcolo dei contributi (al ribasso, ovviamente) e altri temi, quali possibilità di uscita anticipata, con rispettiva decurtazione della pensione, e definizione delle classi di lavoro usuranti. 

Questo è il presente. 

Gettiamo lo sguardo al futuro. E al passato. 

Passato

Questa era la piramide demografica italiana nel 1950 (l'anno di nascita della generazione del '68, per dare una coordinata temporale)



Come potete notare ha la forma di una piramide, con uno "scasso" dovuto alla Seconda Guerra Mondiale nella coorte 30-34. 

Facendo un rapido conteggio, si nota che la popolazione attiva, che consideriamo tra i 18 ed i 64 anni, ambo i sessi, costituisce più del 56% della popolazione. 

Certo, non tutti hanno un reddito, ma sostanzialmente tutti lavorano, con gli uomini che hanno soliamente un impiego e le donne che, salvo una minoranza, si occupano della famiglia, dei campi, o di entrambi (oltre a un discreto numero di operaie)

E' evidente che questa piramide si sostiene, con solide fondamenta. Ogni adulto ha meno di una persona non attiva da sostenere. 

Ciò consente un sistema pensionistico retributivo e la possibilità, per alcuni, di un'età pensionabile relativamente giovane.

Bene. diamo uno sguardo al futuro. 

Futuro 

Benvenuti nel 2060. Anno nel quale non esistono più le piramidi. almeno non quelle demografiche



Abbiamo invece un parallelepipedo, più simile in realtà ad un döner kebap e con chiare tendenze a divenire una piramide inversa. 

Facendo un rapido conteggio, si nota che la popolazione attiva, che consideriamo tra i 18 ed i 64 anni, ambo i sessi, costituisce MENO del 44% della popolazione. 

Se prima la maggior parte della popolazione non attiva era costituita da bambini, ora lo è tra anziani, anche di età molto avanzata. 

Conseguenze 

L'inversione della piramide ha numerose conseguenze; oggi tratteremo quelle pensionistiche:

1. L'età pensionabile non potrà che incrementare il più possibile. Ovvero le persone dovranno lavorare fintanto che sarà fisicamente in grado di farlo. L'età della pensione non diventa quindi un periodo nel quale coltivare una propria passione e stare con la famiglia in modo attivo: se sei in pensione, vuole dire che qualche acciacco, più di uno, lo hai. 

Questo significa meno aiuto alle famiglie, ciò si traduce in meno figli, in quanto i nonni sono una risorsa preziosa per allevare i bambini, in un contesto dove la coppia dovrà necessariamente lavorare (data la penuria di lavoratori). 

  • Prima relazione perversa: si va in pensione più tardi, dunque si hanno meno bambini, dunque si va in pensione ancora più tardi. 

2. La pensione non potrà che diminuire. Ovviamente: diminuendo la quota di popolazione attiva, aumentando quella inattiva. Ma non solo. L'età media aumenterà, ma la tendenza che si nota nella medicina moderna è quella di aumentare molto la durata della vita, ma non altrettanto la capacità di essere autosufficienti. 

Osserviamo il grafico: l'Italia sarà il secondo paese al mondo per malati di demenza senile 


Questo comporterà enormi spese mediche, con un spostamento del bilancio, dalle pensioni e dagli investimenti alla sanità. 

  • Seconda relazione perversa: più la popolazione invecchia, meno soldi si possono destinare alla crescita, dunque si produce meno ricchezza, che comporta di abbassare ulteriormente le pensioni future
3. Non sarà possibile rimodulare il sistema pensionistico, "i diritti acquisiti" uccideranno nella culla "i diritti futuri"

I pensionati costituiranno quota rilevante e compatta dei votanti e degli iscritti ai sindacati. Anche abbassando il diritto di voti ai sedicenni o con norme simili, da qui al 2061 avremo sempre più cittadini che sono pensionati e che voteranno programmi (o sosterranno sindacati) che mantengano lo status quo o innalzino la loro pensione. 

Queste rende sostanzialmente impossibile pensare a manovre che ribilancino le pensioni future tagliando le pensioni d'oro e d'argento (e facciamo anche di bronzo) attuali. 

Il concetto che la pensione è una sostanziale prosecuzione del reddito da lavoro permarrà fintanto che il sistema lo consentirà. Da lì, crollerà a mero strumento di sussistenza sociale. 

Sarebbe più sensato un cambio graduale? Sì

Succederà? No 

Ci penserà l'Europa? No (la Germania ha una situazione demografica speculare alla nostra) 

  • Terza relazione perversa: pur sapendo che l'inverno incombe, l'approccio cicala non verrà mutato. Tanto maggiore sarà il mantenimento dello status quo per i pensionati già in essere, tanto peggiori saranno le condizioni dei futuri pensionati. E così, iterativamente, anno dopo anno. 
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Però, miei cari lettori, ho come l'impressione che di tutto ciò che ho sovra scritto non si parlerà nei giornali, alla tv e neppure nel tavolo governo-sindacato di oggi. Peccato. Potrebbe essere importante. 

Potrebbe 

Vi ringrazio per avermi dedicato del prezioso tempo per leggere le mie parole, 

A presto, 

Ucria 

Ah; concedetemi una postilla. Se durante la lettura vi fosse sovvenuta l'idea che l'immigrazione potrebbe almeno mitigare in parte questa perversa relazione, mi permetto di consigliarvi la lettura di questo articolo 



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