3 Lezioni dal 1973 (Insegnamenti dalla più grande crisi energetica del passato)
Nel 1973, come ritorsione per l'appoggio Occidentale ad Israele nella guerra dello Yom Kippur,
i paesi prodotto di petrolio riuniti nel'Opec decidono di tagliare
le forniture ad Europa e Stati Uniti ... Vi ricorda qualcosa?
6 ottobre 1973: ha inizio la guerra dello Yom Kippur, il quarto conflitto della guerra arabo-israeliana, con un attacco a sorpresa di forze egiziane e siriane
25 ottobre 1973: il conflitto ha termine, con un cessate il fuoco frutto di un accordo tra gli Stati Uniti, alleati di Israele, e l'URSS, alleato arabo ed in particolare modo dell'Egitto
Il conflitto coinvolge profondamente le nazioni arabe; l'OPEC, l'insieme dei paesi produttori di petrolio, dichiara un embargo nei confronti dell'Occidente, che si è alleato con Israele, riducendo ad un quarto la produzione di greggio destinata all'esportazione
Ha inizio la più grande crisi energetica della storia (almeno fino al giorno d'oggi)
Vediamo quali furono le principali conseguenze, ed i loro effetti a lungo termine, di questa crisi, cogliendo i paralleli che possono esservi con la situazione attuale
1. Non fu una crisi di breve durata: anche se l'embargo durò solo pochi mesi (fino al gennaio del 1974), il mercato non tornò ai livelli pre-crisi. Il prezzo del petrolio rimase alto, innescando un incremento dell'inflazione (diminuzione del potere di acquisto dei beni); le banche mantennero i tassi di interesse bassi, nel tentativo di evitare che all'inflazione si affiancasse una recessione economica.
La strategia era quella di evitare una crisi industriale e che, con il ritorno progressivo del petrolio al prezzo pre crisi, l'inflazione sarebbe progressive discesa.
Le cose non andarono così
All'inflazione si legò la stagnazione; venne coniata una nuova parola per descrivere la presenza contemporanea di questi due fenomeni: stagflazione.
Un fenomeno, come vedremo, in grado di distruggere rapidamente la ricchezza delle nazioni, in quanto, ad una diminuzione del potere di acquisto, non corrisponde un incremento della produzione di ricchezza che possa mitigarlo
Secondo gli analisti economici e gli storici, la crisi ebbe durata diversa nei vari paesi; gli Stati Uniti, meno colpiti, recuperarono i livelli di crescita pre-crisi negli anni 80 (1985 è una data sulla quale molti convergono)
Altri paesi, come l'Italia, non li recuperarono mai
Prima lezione: sarebbe prudenziale attendersi una durata pluriennale, e probabilmente decennale, della crisi in corso e delle sue conseguenze
Non è probabile infatti che il gas russo torni disponibile in breve tempo e le alternative richiederanno molti anni a consolidarsi (su qualunque scelta si ricada, dalle rinnovabili al nucleare a nuovi gasdotti): per approfondimenti si legga qui
2. Ad essere colpita più duramente fu la manifattura: l'Alfa Romeo aveva presentato la Montreal: un auto ad elevate prestazioni ed alti consumi. Le vendite furono assai modeste, la crisi energetica non la rendeva un modello appetibile. Il marchio entrò in una crisi dalla quale mai più si riprese.
E questo è solo un esempio; un esempio significativo. La crisi energetica portò ad un ridimensionamento della manifattura occidentale; l’automotive fu notevolmente ridimensionato e non recuperò più, in Italia ed altri paesi, la rilevanza che aveva avuto in precedenza
Gli sforzi dei governi centrali e l'enorme quantità di denaro utilizzato per evitare il crollo del settore, finirono per incrementare il debito pubblico ed alimentare la spirale inflativa, senza per questo riuscire ad arginare la crisi e creando invece meccanismi di sussidio che hanno avuto strascichi fini ai giorni nostri (Fiat ed Alitalia due esempi rilevanti)
Seconda lezione: la storia mostra come, durante una crisi energetica, un ridimensionamento della manifattura sia inevitabile: nessuna delle ricette messe in campo dall'Occidente è riuscita ad evitarlo. Invece l'erogazioni di sussidi ha portato ad un incremento del debito pubblico ed ha rafforzato il permanere dell'inflazione
Sarebbe saggio valutare con attenzione se e quali aziende e settori aziendali supportare e quali invece si trovano in una situazione nella quale non possono più permanere nel mercato
L'ulteriore de-industrializzazione dell'Europa sarà, probabilmente, inevitabile: accelerare questo fenomeno ed assecondarne l’evoluzione verso nuovi settori produttivi, anziché contrastarlo senza prospettive future, potrebbe ridurre significativamente la durata della crisi
3. L'aumento della miseria e la rabbia popolare esplodono: la crisi del 1973 mostra come alla penuria energetica si succedano fenomeni stagflattivi: la presenza, contemporanea, di inflazione, dovuta al ruolo chiave dell'energia nella produzione di un ampia varietà di beni e servizi, che comporta un aumento dei costi lungo tutta la filiera, che infine ricadono sul cliente finale (i.e. il Cittadino) e di stagnazione, dovuta alla difficoltà delle aziende di produrre margini, dato il costo in aumento delle materie prime (o semilavorate) ed al contempo della ridotta capacità di spesa dei clienti
Con la riduzione del settore manifatturiero venne progressivamente meno uno dei poli più attivi nello sviluppo dei diritti dei lavoratori; lasciando le classi sociali più povere prive di una direzione evolutiva e più prone ad una rabbia difficile da incanalare in modo istituzionale e più propensa ad alimentare fenomeni potenzialmente pericolosi come l'extra-parlamentarismo
La combinazione di questi due fenomeni produce, inevitabilmente, miseria: l'inflazione svuota i risparmi e riduce il potere di acquisto dei salari; la stagnazione rende difficile trovare lavoro (e chiedere aumenti)
Tutto ciò comporta un incremento della rabbia popolare (dei Cittadini), con conseguenza sulla società nefaste: la presa del potere del nazismo, il terrorismo, le rivolte violente; fenomeni accumunati da periodi di stagflazione nella società
Terza lezione: è probabile un incremento della tensione e della rabbia sociale, fenomeno al quale l'occidente europeo non è più abituato; sarebbe opportuno massimizzare le misure di protezione dei ceti più poveri, sia in termini economici (aiuti diretti e tagli delle spese) che partecipativi (maggior supporto al diritto all'istruzione, formazione continua, impieghi pubblici per i disoccupati), per limitare e mitigare i fenomeni di rabbia che saranno, probabilmente, inevitabili
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