La assai poco saggia idea di rendere legate (pegged) le cripto valute ad altri asset fisici o monetari
Inizio a leggere spesso, sempre più spesso, Gentili Lettori, di cripto valute che vengono emesse (o posticciamente modificate per renderle) agganciate (tethered) ad una valuta reale, quale, nel caso di esempio del British Pound Ora, alla Sterlina Inglese
Ora, è importante sottolineare che tale aggancio NON preserva il valore della valuta cripto, anzi, ne costituisce, nella sostanza una intrinseca ammissione di debolezza
Infatti il pegging consente di rassicurare i possessori della valuta da eccessivi sbalzi del valore reale della stessa, in caso di eventi quali inflazione elevata, conflitti, o fuga agli sportelli, ovvero la richiesta massiva dei risparmiatori di ritirare la moneta per convertirla in una ritenuta più stabile o per comprare degli asset che si ritengano avere valore più stabile (a titolo di esempio oro, o, azioni pregiate, dette blue chips)
L’agganciare una valuta ad un’altra, operazione detta anche di fissaggio del tasso di cambio, in inglese fixed exchange rate, non è quindi operazione nuova che ha inizio con le criptovalute: ad esempio, nel 1986, il riyal saudita vene ancorato a un tasso fisso di 3,75 al dollaro USA, con l’obiettivo di stabilizzare la valuta, oggetto di grandi oscillazioni e svalutazioni a seguito della crisi petrolifera scatenatasi con la guerra dello Yom Kippur (6–25 ottobre 1973) e della conseguente decisione dell’OPEC di ridurre la quantità di petrolio esportato
Il sempre maggior numero di cripto-valute che sceglie di divenire una stable coin, ovvero una moneta pegged (legata) ad un’altra costituisce la fase di parossismo della bolla delle crypto, alimentata, ricordiamo, non dalle crypto stesse, ma dalle piattaforme che offrivano, e talora, sciaguratamente per i sottoscrittori, ancora offrono, tassi di interessi non sostenibili per i sottoscrittori di conti denominati in criptovalute
Tali operazioni, sono, nella sostanza, derivazioni varie del famoso schema Ponzi: gli interessi, del tutto inesistenti, vengono pagati con i depositi di altri clienti; il tutto sembra funzionare, finché, per una qualche crisi, non scatta la corsa allo sportello e, sistematicamente, si scopre che la piattaforma non è solvibile, ovvero non dispone dei titoli che, secondo i libri contabili, dovrebbe avere
E’ opportuno ricordare che essendo queste piattaforme, nella sostanza, non regolamentate, è assai difficile che il risparmiatore possa recuperare anche una minima parte del capitale investito
Suggerisco caldamente a Tutti i Gentili Lettori che fossero esposti presso queste piattaforme di valutare attentamente il livello di rischio del loro investimento e di considerare di farsi supportare da un promotore finanziario serio, esperto e titolato
Resto a Vostra Disposizione per ogni eventuale chiarimento o approfondimento,
AugurandoVi un bellissimo Fine di Settimana,
Ucria
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