Le molteplici facce della questione dell'autodeterminazione di genere



Sulla recente decisione della FINA, 
sulla rilevanza del ruolo dello sport come elemento di evoluzione del pensiero occidentale,
sui punti di contatto tra scelta individuale e società 

(nella foto, Lia Thomas, primo atleta trans uomo->donna a vincere una competizione professionista)


Pochi giorni fa la FINA, Federazione Internazionale del Nuovo, ha deciso che le atlete transessuali (uomo->donna) che non abbiano iniziato la transizione del sesso prima dei 12 anni, non potranno partecipare alle gare di nuoto femminili; sempre la FINA afferma che è in studio una categoria nella quale gli atlanti trans potranno gareggiare, ma non ha ancora chiarito la struttura della medesima 

Lo sport è un elemento catalizzatore, nella cultura occidentale, dell'evoluzione del pensiero sociale, politico, morale; lo è fin dai tempi dei Greci. 

Pertanto la decisione è indubbiamente oggetto di interesse e pone in evidenza come l'auto-affermazione del proprio genere (ovvero decidere autonomamente se si è maschi, femmine o altro) sia una decisione che si attesa al singolo individuo, ma che va anche a toccare, in molti punti, la relazione tra individuo e società

Facciamo quindi degli esempio di come, nella quotidianità, la questione dell'autodeterminazione di genere possa portare a delle domande che non risulta avere una risposta univoca, ma che si prestano ad una pluralità di interpretazione e risposte 

Partiamo dal contesto lavorativo: un maschio, i.e. un individuo con cromosomi XY, che decide di attribuirsi il genere di donna, come conta nel numero di dirigenti donna di una data azienda? 1 o 0? è da considerarsi maschio o donna o altro? 

La stessa domanda può essere posta anche laddove viga un trattamento differenziato tra maschi e femmine, spaziando dalle cosiddette "quote rose" (numero obbligatorio di donne in una determinate lista politica, o nel novero delle iscrizioni a certe facoltà, o nel computo dei dipendenti, o i dirigenti o i direttori di una data azienda), a questioni quali l'età pensionabile, l'accesso ai bagni o a strutture dedicate ad uno specifico sesso, il trattamento in caso di ispezioni all'aeroporto, e, appunto, tutto il tema della normativa sportiva  

Un ulteriore livello di riflessione, rispetto a questo argomento, è dato dalla definizione stessa di quanti gradi di libertà vi possano essere nel rispondere ai quesiti sovra elencati senza che una decisione rispetto ad essi possa essere considerata, o risulti discriminatoria, o possa non esserlo ma appoggiare, nei fatti, comportamenti discriminatori 

Riflettendo sula questione è altresì possibile comprendere come questa tipologia di domande possano applicarsi non solo alla questione di genere, ma ovunque vi sia la possibilità, o l'esigenza, o la volontà, di autodefinirsi in modo autonomo, separatamente dalla società: questo vale, ad esempio, per il concetto di etnicità (tema che ha poco rilievo in Italia, ma molto negli Stati Uniti) o per l'attribuzione di specifiche condizioni che sono linee di confine con condizioni mediche, penso, a titolo di esempio, alla sindrome di Asperger, sindrome che molti sostengono di avere

Queste riflessioni, che hanno relativamente poco interesse (se non accademico) in un dibattito teorico, divengono di immediata comprensione e attualità se applicate al contesto sportivo, proprio per questo la decisione della FINA, e quelle degli altri enti maggiori dello sport (la prossima dovrebbe essere la FIFA, federazione internazionale del calcio) avranno un ruolo determinante nello sviluppo del dibattito e, probabilmente, nel futuro assetto legislativo dei paesi, in primis Occidentali  

RingraziandoVi per il tempo che avete dedicato a leggermi, 

Vi auguro una bellissima giornata, 

Ucria  

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