Ovvero: di perché la Mivar ha smesso di fare televisori e di come questo può aiutarci a capire la penuria di chip attuale (e perché alcune delle soluzioni proposte probabilmente non funzioneranno)
Carlo Vichi, patron della Mivar, l'ultima fabbrica
italiana di apparecchi televisivi
In una classica famiglia italiana degli anni 90 era molto probabile imbattersi in un televisore Mivar.
Avevano un ottimo rapporto qualità prezzo, un design che non sfigurava nei salotti o nelle sale da pranzo o anche nei tavoli di plastica all'aperto dei campeggi. E funzionavano bene. Così bene che nel 1999, Mivar raggiunse la produzione record di 950.000 apparecchi e una ragguardevole quota di mercato del 35%, superando in alcuni casi le multinazionali dell'elettronica.
All'epoca non vi era internet (o meglio vi era, ma ci stavano in pochi), quindi non abbiamo dati di recensioni, ma il parere degli amici al bar è che fosse un ottimo prodotto.
E poi, improvvisamente, i Mivar sono scomparsi. Come i dinosauri, passò un asteroide e, così, iniziare a non trovarsi più; sempre più raramente, a volte, in qualche sconto ai supermercati.
L'asteroide Mivar si chiamò schermo LCD; l'antesignano della tecnologia con la quale funzionano televisori, computer, smartphone, e, di fatto, qualsiasi forma di pannello digitale.
Ma perché questa tecnologia distrusse la Mivar? Non potevano adeguarsi e svilupparla anche loro?
Beh, ovviamente ci provarono. E per Carlo Vichi la Mivar era qualcosa di più di un'azienda; un'estensione di sé. Quindi sono abbastanza sicuro che ci abbia provato duramente.
Allora, la prossima domanda che possiamo porci è: perché non vi è riuscito? Cosa ha di diverso un pannello LCD da un tubo catodico.
La risposta, vista dal punto di vista produttivo e non tecnologico, è semplice: un'economia di scala diversa.
Il tubo catodico è un oggetto che ha attraversato decenni con progressivi miglioramenti (il più evidente di tutti fu il colore), ma nella sostanza rimaneva un oggetto simile a se stesso. I modelli che si succedevano potevano essere costruiti negli stessi impianti, nelle stesse linee di montaggio, sostituendo qualche componente e formando l'operaio, se necessario.
I pannelli LCD, invece, sono diversi. Sono diversi perché migliorano in continuazione. E tali miglioramenti non sono cumulativi: richiedono sostanzialmente di rinnovare l'intero processo produttivo.
Si chiamano generazioni. Ogni generazione consente pannelli LCD con maggiore densità e dimensioni. Ma il costo del salto generazionale è enorme. Attualmente siamo alla 10° generazione. Ogni generazione ha portato ad una riduzione nel numero dei costruttori di TV, in quanto, solo gli attori globali potevano distribuire il costo su un numero così elevato di apparecchi da rendere ancora sostenibile la produzione degli stessi
Allo stato attuale, la produzione è la seguente:
Quota di mercato dei principali produttori di TV
in tutto il mondo nel 2019 e nel 2020, in base al volume delle vendite
Come potete notare, tuttora la competizione è feroce e tende a favorire il leader di mercato, che, ovviamente, ha più disponibilità per costruire la successiva generazione tecnologica.
Questo porta ad una oligopolio: ad un certo punto i costi di accesso al mercato sono così enormi che le poche industrie che hanno investito nel corso dei decenni competono solo tra loro: i nuovi entranti sono impossibilitati ad accedere, in quanto ogni piano di business sarebbe fallimentare, con investimenti preventivi (up-front) enormi, a fronte di margini risicati.
Ora, la situazione con i chip è la medesima.
Vi sono poche aziende in grado di produrre chip e pochissime in grado di produrre chip di ultima generazione (14 e 10 nanometri: la dimensione del gate del chip è un parametro tecnico che da un'idea di massima della evoluzione dello stesso; più piccolo è il numero, meglio è; ripeto: è una regola di massima); una di esse è la famosa TSMC Taiwanese
Ora, di fronte alla crisi di produzione dei chip, che vede la sua origine nell'effetto frusta della richiesta, nell'incartarsi della catena di distribuzione logistica mondiale e in altre cause, quali ad esempio elevata siccità a Taiwan (la produzione di chip è anche acqua-intensiva) si legge spesso che l'idea sia di costruire più fabbriche e soprattutto di rendersi, ad esempio a livello europeo, indipendenti nella produzione di chip.
Ecco: tutto quello che abbiamo imparato dalla storia della televisione si applica ai chip. Se si costruisse una fabbrica di chip in Europa sarebbe soggetta ad una competizione enorme con tutte le altre fabbriche (dette foundry). Qui ci vuole una nota: esistono fabbriche di chip in Europa, ma sono fabbriche di "nicchia". Se vogliamo produrre chip di uso generale, la fabbrica europea si andrà a scontrare con quella Taiwanese. E quella Cinese. E quella Americana.
E qui sta il problema.
Chi ha gli ingegneri elettronici migliori specializzati in produrre chip?
Chi ha la manodopera con il miglior rapporto capacità/prezzo?
Chi ha accesso al credito in modo massimo e senza problemi?
Chi ha basso costo di energia, materie prime, metalli rari?
Chi può risolvere semplicemente questioni normative, legislative, sindacali?
Chi ha un mercato interno in grado di costituire almeno una fetta rilevante della domanda per quello che viene prodotto?
Chi ha spese militari che possono co-finanziare lo sviluppo e la produzione di chip di ultima generazione?
Vi chiedo la cortesia di leggere le domande sopra e di rispondere, con sincerità, chi tra USA, EU, China e Taiwan risponde al meglio ai quesiti riportati
Realisticamente un'industria (foundry) di chip europea su larga scala potrebbe esistere se:
1. fosse un'industria comune a tutta la UE (nessun paese, neppure la Germania, ha la forza da sola di sopravvivere ad una competizione con Cina e USA)
2. si imponessero dei dazi sull'importazione di chip da paesi non UE: sui chip e su prodotti contenenti chip
3. si costruissero dei mercati che per temi di sicurezza nazionale, possono utilizzare solo chip fatti in EU
Sulla 1 non mi esprimo; sarebbe troppo bello, mentre, allo stato attuale, è troppo utopico.
La condizione 2 è a mio avviso indispensabile, o almeno lo sarebbe nei primi anni, per proteggere la nascita embrionale del progetto.
Ma il punto 2 avrebbe delle conseguenze gravi (quali un aumento generalizzato dell'inflazione) ed andrebbe contro la visione Europea di apertura ai mercati (Nota: non sto dicendo che sarebbe giusto farlo, ne dubito. Sto solo elencando le condizioni per le quali una produzione massiccia di chip potrebbe esistere in Europa)
La 3 potrebbe consentire di aggirare la 2, ma il problema sarebbe la definizione di detti mercati, e la mancanza di una compattezza a livello europeo sugli stessi.
Certo che:
- una gestione unica del tema telecomunicazioni e cybersicurezza;
- la costituzione di un esercito, marina ed aviazione europea fatta esclusivamente di progetti autonomi;
- la realizzazione di un proprio stack (pila) tecnologica digitale, sistemi operativi ed app incluse
- la realizzazione di una infrastruttura spaziale condivisa
offrirebbe una buona base di partenza per una produzione di chip europea. Ma i punti elencati richiederebbe una coesione europea che al momento non esiste.
Quindi, Gentili Lettori, sappiate che quando leggete di "produzione europea di chip" state leggendo di qualcosa che è molto difficile fare e per la quale mancano, come sovra illustrato, le premesse.
Continueremo ad aspettare che ce li mandino, i chip, ed a guardare alla finestra,
Resto a disposizione nei commenti per chiarimenti e vi auguro una bellissima giornata,
Ucria
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