E l'Occidente sta a guardare: il caso Peng Shuai
Ovvero: dell'insostenibile peso dell'ipocrisia occidentale.
Ieri si è celebrata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne: si sono susseguiti sui media interventi, appelli, testimonianze con l'obbiettivo di sensibilizzare e fornire strumenti per ridurre questo terribile ed immondo problema.
Eppure
Eppure poco o niente si è detto del caso di Peng Shuai, la stella del tennis cinese che, dopo un'accusa di stupro pubblicata su Weibo, un servizio di rete sociale simile a Twitter, è stato di fatto evaporata dal regime di Pechino.
Cancellata la sua identità digitale; poche, pochissime le apparizioni, virtuali, che sembravano tutte sorvegliate o comunque rilasciate da una persona la cui libertà è inesistente.
E l'Occidente resta a guardare: poche condanne, sull'Internet, qualche trafiletto, articolo.
Ma quello che conta, nella vita, sono i fatti, non le parole.
Ed al caso Peng Shuai non è seguito nessun fatto, laddove ve ne sarebbero potuti essere molti, data la vicinanza dell'inizio dei giochi olimpici invernali cinesi.
Ma è chiaro che gli interessi economici (in questo caso parliamo di interessi economici, primieramente e pressoché esclusivamente, non geopolitici) superano ogni interesse nel difendere la persona, la dignità e la libertà di una donna, che trova il coraggio di denunciare una violenza all'interno di un regime.
Come è possibile coniugare questa assenza di azione, questa indolenza con tutte le parole spese ieri?
Non è possibile.
E' solo l'ennesimo atto di ipocrisia di un Occidente decadente, che si fa grande a parole e misero nei fatti.
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